La espera 2

La espera

El último, por favor?” Sui marciapiedi dell’Avana, sotto i portici dei palazzi coloniali, davanti agli uffici e alle gelaterie, decine di cubani attendono il loro turno per ricaricare il telefono, pagare una bolletta, gustare un gelato. Chi arriva domanda a voce alta chi sia l’ultimo prima di lui e, una volta individuatolo, si accomoda da qualche parte ad aspettare.

Ho visitato Cuba per la prima volta nel luglio del 2016. Pochi mesi prima il presidente americano Obama era sbarcato sull’isola in visita ufficiale, promettendo l’imminente fine dell’embargo; pochi mesi dopo, Fidel sarebbe morto. Nell’aria aleggiava un senso di attesa… timore? Speranza?

Un anno dopo atterro di nuovo a L’Avana. Dal nastro bagagli, pacchi incellofanati rimbalzano a terra come immensi palloni: vestiti che qualcuno ha acquistato all’estero per rivenderli in patria; ognuno si arrangia come può. Ripercorro le strade dell’isola, orfana ormai del suo Líder Máximo. Nel frattempo, Trump ha cancellato gli accordi di Obama; l’embargo resiste, minacciando turismo ed economia.

All’ombra delle palme, nulla sembra davvero cambiare. L’attesa continua. E i cubani continuano ad aspettare. “El último?”

error: Content is protected !!